Alla luce della parola di Dio e del Vangelo che meditiamo in questa domenica, riascoltando come lo stesso Gesù ci parla del suo “essere innalzato da terra”, come non entrare in crisi, crisi davvero benefica e rigenerante, nel prendere atto che del nostro credo cristiano, sia come credenti che come Chiesa, abbiamo dato l’impressione che fosse più una religione della croce e meno dell’amore che salva, risana, rende liberi e infonde forza e gioia di vivere? Com’è potuto accadere che nelle nostre comunità cristiane si sia sbiadito il volto paterno e misericordioso di Dio e che all’amore fraterno, tante volte sia subentrato il sentirci estranei gli uni agli altri? (Omelia nella IV di Quaresima B, dg)
La nonna a casa ripeteva spesso una frase che le recitava suo padre come monito. Il versetto de “Salve Regina”: “In questa valle di lacrime, ricordati che questa è una valle di lacrime!”.
Dentro la preghiera, il pianto dei fedeli “esuli” davanti a Maria assume la richiesta pietosa, umile, contrita di essere ascoltati ed esauditi.
Estrapolata dal suo contesto, invece, questa espressione pare in effetti racchiudere tutti i dolori, le sofferenze, le domande georeferenziandoli, localizzandoli, radicandoli in un luogo qual è la nostra vita, la nostra quotidianità, la nostra – le nostre – realtà. La religione, quindi, in questo quadro che posto occupa?