Quante volte ho sentito pronunciare la frase canta che ti passa quale esortazione al coraggio, ma anche come invito a non dare peso alle circostanze tristi della vita. E ancora oggi, alcune volte, io stessa uso questa espressione per sdrammatizzare, ma anche per smuovere una situazione di difficoltà in cui si trova chi mi sta di fronte, per andare oltre e passare a cose più importanti. Ma cosa significa canto? E perché fa passare?
Nel vocabolario leggo: canto è l’atto del cantare, espressione vocale della musica dove la voce è uno strumento musicale naturale capace di produrre sull’uomo effetti nell’animo e nella psiche.
Ho provato allora a pensare come il canto si manifesti nei vari momenti della nostra vita: i bambini, gli adolescenti e gli adulti cantano nei momenti di allegria, di gioco, di condivisione con i coetanei, di festa, di riposo, e lo fanno in ambienti sia privati che pubblici. Cantare con gli amici fa sì che imbarazzo e timidezza scompaiano. Cantare ha un effetto rilassante e aggregante.
Il cantare amplifica le emozioni e stimola le sensazioni a livello corporale: lo stomaco si chiude, l’effetto pelle d’oca ci fa quasi sentire freddo, le parole cantate risuonano nella testa martellanti per ore. Quindi ognuno di noi possiede uno strumento musicale interno al proprio corpo e siamo tutti in grado di usarlo, fin da quando eravamo piccoli, con effetti tangibili su di noi e sugli altri. Ma allora, tornando alla frase iniziale, è proprio vero che paura e tristezza svaniscono cantando?
Probabilmente, se vissute in solitudine no, ma se condivise con gli altri possono sembrare meno difficili da sopportare.
Il pensiero va allora alle tante persone che, negli ultimi due anni, ho avuto il privilegio di accompagnare con il canto, in supporto ai cari amici del Coro che non è un coro, nelle celebrazioni dell’ultimo saluto. Aiutare ad animare queste celebrazioni con il canto è stato per me un servizio sincero che spero abbia reso meno pesante il momento del distacco dei familiari dal proprio caro defunto.
Un servizio che ha la bellezza e l’unicità di essere allo stesso tempo preghiera della Chiesa a Dio, che accoglie il fratello o la sorella che passa a vita eterna, e preghiera fraterna per chi si trova nello sconforto per la perdita del caro defunto. Ma penso anche al servizio di canto che, da sola o in compagnia di qualche cara amica o accompagnata da mio figlio Matteo con il suono dell’organo, provo a svolgere durante alcune celebrazioni domenicali. Anche in queste occasioni il canto diviene strumento per una duplice preghiera che ognuno di noi, partecipando alla Messa, può provare ad esprimere, unendosi con spontaneità e sincerità al canto proposto per lodare Dio e il Signore Gesù e per condividere con gli altri la gioia della mensa eucaristica.
Imbarazzo e timidezza lasceranno il posto ad un’esperienza unica di prossimità umana.
Barbara