La meditazione del nostro Don Giovanni (dal Libretto di Natale 2019)
Fare del Natale soltanto una parentesi di serenità o una più o meno breve sosta o pausa nel ritmo quotidiano dei nostri impegni significherebbe svuotarne l’autentico significato e renderlo una memoria inefficace, senza reale rilevanza per la nostra vita. Sarebbe anche, soprattutto per quanti si riconoscono nella fede cristiana, venir meno a una sorta di consegna che il Natale ci affida per affrontare con coraggio e perseveranza i tanti problemi che sembrano appesantire la nostra quotidianità, segnata, a quanto sembra secondo alcuni dati, da un sempre maggiore stato d’ansia.
Il Natale di Gesù Cristo, come del resto ogni bambino che viene alla luce, porta con sè un carico di speranza e di fiducia. Ogni nascita attesta la preziosità della vita come dono. E’ promessa e apertura verso il futuro. Ma oggi questo futuro sembra particolarmente incerto e insicuro. Non mancano le analisi, anzi si moltiplicano, per comprenderne le cause. Sembrano, per lo più, essere ricondotte alla questione della produttività, delle risorse naturali e finanziarie, alla sicurezza lavorativa e sociale, alle migrazioni e ai cambiamenti climatici. Tutto questo è certamente cosa seria e non può non preoccupare la ricaduta negativa a livello di fiducia in se stessi e negli altri. Ma non c’è solo questo a rendere incerto e insicuro il futuro: i problemi, invece di unire i diversi membri della società per affrontarli insieme con spirito collaborativo, sono quotidianamente motivo di polemica nella quale è difficile riconoscervi una sincera e disinteressata passione per il bene di tutti. Questo modo di fare sembra coinvolgere anche le comunità cristiane.
Quando, nella comunità parrocchiale, qualcosa sembra non funzionare secondo il proprio punto di vista, ad esempio quando si tratta di leggere o di interpretare il venir meno della pratica religiosa o della partecipazione alle iniziative proposte, per prima cosa, si cercano colpe e responsabilità negli altri o si rinuncia alla fatica di capire ciò che di fatto sta accadendo. Ciò che deve far riflettere è il fatto che il credere non è più ritenuto significativo per la propria vita, in ordine alla scelte importanti e decisive, anche da parte di coloro che conservano un buon ricordo della propria appartenenza giovanile alla vita della comunità(1).
E’ urgente, allora, ripensare il nostro modo di essere e di agire come credenti, per trovare un nuovo e autentico stile cristiano di vita. A suggerircelo è il Natale del Signore compreso nella sua radicale novità. Che cos’è il Natale se non una mirabile e reciproca ospitalità tra Dio e noi?(2)
Dio ha voluto farsi nostro ospite, rischiando anche la chiusura da parte nostra, affinchè noi avessimo a sperimentare la sua ospitalità, fino al punto di farsi uno di noi affinchè noi fossimo fatti partecipi della sua vita divina. In altre parole, nel Natale del Figlio suo fatto uomo, Dio ci chiede di abitare tra di noi per liberarci dai tanti fraintendimenti o idee distorte, a motivo di una certa educazione ricevuta o di una certa cultura, che ci portiamo dentro nei suoi confronti. Alla luce di questo stile di Dio, nel suo venire tra noi (lo possiamo riconoscere nei tantissimi incontri di Gesù con la gente che i vangeli ci narrano) prendiamo coscienza di uno stile cristiano di vita nella chiesa e nella società conforme al vangelo. In questo sta la benefica provocazione del Natale per il nostro tempo. Alla polemica, al lanciarsi accuse reciproche, al sospetto e al pregiudizio, rispondiamo con lo stile dell’ospitalità reciproca, l’accoglierci fraterno, prendendo esempio da Gesù Cristo.
Le persone che lo incontravano si sentivano accolte e lui stesso chiedeva di ospitarlo, di accoglierlo nella loro vita. Da questa reciprocità ospitale scaturiva la fede, si compiva anche il miracolo, un essere riconsegnati a una vita nuova. Nel fare nostro questo stile di vita accogliente non c’è posto per quella diffidenza verso l’altro che ingenera ansia e perfino aggressività. Portando questo stile di vita natalizio nella società non è detto che vengano meno i problemi del lavoro, della giustizia e dell’immigrazione, ma può davvero cambiare il modo per affrontarli; soprattutto, potrebbe ritornare in tutti la voglia di collaborare, di aiutarsi reciprocamente, ritrovando la serenità interiore e la fiducia reciproca. Si tratta di imboccare una strada nuova, percorribile da tutti, che non chiede chissà quali risorse, per tornare a guardare al domani con rinnovata speranza, reagendo alla preoccupante e inquietante deriva di sognare l’uomo forte per risolvere gli attuali, nostri, problemi.(3)
Don Giovanni
1 “Antenne religiosamente disattivate”. “..la maggior parte di essi (i giovani), pur avendo ricevuto una formazione religiosa lungo l’infanzia e l’adolescenza, trova difficilissimo raccordarla con il suo percorso di ingresso nell’età adulta. Insomma, là dove il giovane decide di sè, della sua identità affettiva, lavorativa, ideologica e persino politica, esattamente lì il riferimento al vangelo non gioca quasi nessun ruolo”. A. Matteo, La prima generazione incredula, ed. Rubbettino, 2017, p.91
2 Benedetto XVI, La teologia e la spiritualità del Natale usano un’espressione per descrivere questo fatto, parlano di admirabile commercium, cioè di un mirabile scambio tra la divinità e l’umanità. 8...)Il primo atto di questo meraviglioso scambio si opera nell’umanità stessa del Cristo. Il Verbo ha assunto la nostra umanità e, in cambio, la natura umana è stata elevata alla dignità divina. Il secondo atto dello scambio consiste nella nostra reale ed intima partecipazione alla divina natura del Verbo. (4.01.2012)
3 Vedi Rapporto Censis 2019