Nella Festa del Papà - Una riflessione
Aspettando i bambini della scuola dell’Infanzia S. Domenico Savio per far colazione con loro, ci siamo intrattenuti per un breve scambio di saluti ispirati al racconto evangelico secondo Matteo riguardante la nascita di Gesù. Abbiamo riletto il breve brano nel quale si racconta che l’angelo, apparendo in sogno a Giuseppe, lo rassicura a proposito della nascita di colui che Maria già porta in grembo per un intervento straordinario dello Spirito Santo e gli dice: ”Tu lo chiamerai Gesù” (Mt 1,21). Gli è affidata così la missione di essere padre.
Come leggere questo “chiamare o dare un nome” a un figlio se non come il riconoscersi chiamato a una relazione paterna grazie alla quale il figlio, nel sentirsi chiamare per nome, prenderà sempre più coscienza di sè, crescerà nella fiducia che deriva dal sentirsi amato?
Come non pensare che anche il sentirsi chiamare papà rappresenta, assieme alla gioia, anche una chiamata che viene dal figlio a essere padre, a esserlo crescendo nell’amore responsabile e sapiente? Non dovrebbe ogni volta quasi un sentirsi dire: ”Tu sei mio padre, ho bisogno che tu mi accompagni nel mio diventare grande”?. E ancora: ”Ho bisogno di un papà che conosce la via della vita, che mi aiuta a crescere nell’amore autentico”.
Papa Francesco, nella sua lettera su S. Giuseppe, così si esprime: “La felicità di Giuseppe non è nella logica del sacrificio di sé, ma del dono di sé... Il mondo ha bisogno di padri, rifiuta i padroni, rifiuta cioè chi vuole usare il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto; rifiuta coloro che confondono autorità con autoritarismo, servizio con servilismo, confronto con oppressione, carità con assistenzialismo, forza con distruzione. Ogni vera vocazione nasce dal dono di sé, che è la maturazione del semplice sacrificio. (Patris corde 7). Questi spunti di riflessione siano l’inizio di una riflessione che, soprattutto oggi, non può non continuare... dg