È da una decina d'anni, ormai, che il Venerdì Santo mi viene chiesto di leggere la parte del "Cronista" nella Passione secondo l'Evangelista Giovanni. Confesso che non ci posso fare l'abitudine... come ogni anno, la proclamazione di quel testo durante la liturgia nella nostra chiesa spoglia e silenziosa, mi provoca un tuffo al cuore.
La più grande storia che sia mai stata raccontata, quella del dono d’amore eterno del Cristo-Dio, assume in Giovanni una vividezza e una profondità senza paragoni.
L'Evangelista è l'unico tra gli apostoli ad aver seguito da vicino tutta la condanna a morte del Maestro, fino ai piedi della croce, e ci consegna dei dettagli unici, che dicono tutta l'impressione e lo sconvolgimento che i fatti hanno provocato nella sua anima di giovane discepolo. Pensiamo solo alla descrizione di Gesù flagellato, condotto fuori dal Pretorio con la corona di spine e rivestito del manto di porpora: "Ecco l'uomo!"; oppure alla scena del fianco trafitto con la lancia, da cui scaturiscono sangue e acqua: "Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate". È una vicenda che interpella ciascuno di noi, oggi, come ha afferrato la vita dei discepoli duemila anni fa.
Allo stesso tempo, Giovanni è molto anziano quando tramanda il suo racconto, e quindi ha avuto una vita intera per riconsiderare ciò che è avvenuto da un punto di vista "teologico", cioè "che ci parla di Dio": per questo la sua narrazione è, tra i quattro Vangeli, quella meno "cronachistica", ricca invece di sfumature e riferimenti che permettono di intravvedere, nei fatti, un grandioso Mistero d'Amore.
Anche quest'anno desidero tornare, nel Triduo, a contemplare il volto di Cristo; seguire con Giovanni la sua sofferenza e la sua morte; prepararmi a entrare nel sepolcro vuoto con Pietro; riscoprire che quel Gesù è il Signore e il Risorto, e mi dona la Sua vita e la pienezza dell'amore.
Filippo