Il camposcuola giovanissimi di quest’anno si è svolto a Roma, dove abbiamo potuto vedere ciò che è rimasto della storia di un popolo che ha dettato i dogmi su cui si basa la società ancora oggi.
La visita della città è stata anche un ripercorrere le testimonianze dei primi cristiani, in particolare attraverso la visita alle catacombe di S. Callisto, 15 km di cunicoli bucherellati da tombe ormai scoperchiate, che hanno ospitato migliaia di spoglie di cristiani, e sono un’incredibile testimonianza della persecuzione del cristianesimo nell’Impero Romano. Esse erano usate come “centro parrochiale” per fare incontrare numerosi cristiani, come “cimitero” per la sepoltura dei cari defunti e come “basilica” per la celebrazione di funzioni religiose legate al culto cristiano. Ma perchè sono così importanti? Non voglio dare verità assolute, ma una pura e semplice interpretazione di cosa esse hanno ospitato, e di cui sono state testimoni.
Poichè le catacombe sono l’indelebile ricordo di un tempo in cui l’essere cristiano era punibile con la morte, la scelta di far parte o meno di questo gruppo in quel periodo spettava unicamente (e d’altra parte legittimamente) all’individuo, e non era attribuita ad esso fin dalla nascita. Questo vuol dire che chi decideva di diventare cristiano lo faceva in modo consapevole, chiedendosi se ne valesse la pena o no. La fede di uno di questi individui degli albori del cristianesimo è quindi una fede convinta, ferma, consapevole.
Arriviamo ad oggi. L’essere cristiano è qualcosa che in occidente viene quasi sempre deciso ancora prima di sapere anche solo pronunciare i nomi di Gesù, della Madonna o di Dio. Si cresce, venendo bombardati di informazioni relative non richieste, perchè un bambino di 5 anni, per quanto curioso possa essere, fa fatica a comprendere anche i dogmi più basilari della fede cristiana. Si giunge quindi ad un’età, intorno ai 14 anni, in cui l’ormai ragazzo inizia ad interessarsi ad aspetti più profondi della natura umana, come ad esempio la religione, ma ormai ne ha sentite talmente tante a riguardo che non ne è attratto, ma non perchè ha perso interesse, ma perchè in realtà non ne ha mai avuto.
Come facciamo a sapere quindi che la nostra fede sia sincera e ferma, come quella dei primi cristiani? Io, in quanto ancora giovane, sto ancora vivendo questo periodo di passaggio in cui sto iniziando ad avere un occhio critico per la realtà che mi circonda. Mi sto rendendo quindi conto del mio cambiamento, che è il rivedere tutto ciò che nel resto della mia vita avevo dato visto come verità assoluta, e la religione è stata uno dei primi temi che ho messo sotto inchiesta, e neppure ora sono giunto ad una conclusione. Sono sorti dubbi, convinzioni, smentite e riaffermazioni. Ho messo alla prova la mia fede, in compenso la sento più viva rispetto a tre o quattro anni fa. Non è più ferma o convinta ma è viva, e questo credo sia quello che conti.
Vorrei quindi proporre ad ognuno di noi di mettere in discussione la propria fede, di contestarla, di renderla viva e attuale, in modo che non sia solo il ricordo di qualcosa che è accaduto duemila anni orsono e che forse ci accadrà quando moriremo, perchè questo, per me, è l’unico modo per essere veramente cristiani: fare come hanno fatto i primi. Qualunque sia la conclusione tratta.
Un sedicenne